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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-10 ad oggi 2010-07-27 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)I conti del federalismo: costi per la Tac In Campania 1.554 euro, in Emilia 1.027 Dal confronto sulle uscite sanitarie si scopre che il divario tra regioni può raggiungere anche il 100% minori esborsi per 5 miliardi dal riordino della spesa nazionale e periferica |
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Il Mio Pensiero
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-06-10 ad oggi 2010-07-27 |
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-07-27 FEDERALISMO Le Dolomiti, i fari, Palazzo Archinto Lo Stato cede il tesoro del Demanio L'elenco in Rete. "Salvato" il cinema di Moretti * NOTIZIE CORRELATE * L'elenco sul sito dell'Agenzia del Demanio FEDERALISMO Le Dolomiti, i fari, Palazzo Archinto Lo Stato cede il tesoro del Demanio L'elenco in Rete. "Salvato" il cinema di Moretti Il cinema di Trastevere Nuovo Sacher Il cinema di Trastevere Nuovo Sacher ROMA - Arriva sul sito online dell'Agenzia del Demanio l'elenco dei beni che potranno essere trasferiti agli enti locali in base al federalismo demaniale. Sono dodicimila "luoghi": caserme, ex poligoni di tiro, strade, scuole, magazzini, abitazioni agricole, fabbricati industriali, edifici parrocchiali, canali, terreni... Un valore globale che sale a 3,6 miliardi, 600 milioni in più rispetto al valore dell'elenco provvisorio diffuso a fine giugno. Un valore destinato a crescere perché sono per ora esclusi dall'elenco i beni di Roma, che saranno oggetto del decreto attuativo del federalismo su Roma Capitale, e sono per ora esclusi i beni delle Regioni a statuto speciale. Quindi, non entrano al momento nel meccanismo del federalismo demaniale beni come il cinema "Nuovo Sacher", da molti anni gestito nella capitale dal regista Nanni Moretti, o il Museo di Villa Giulia, ma anche gli isolotti prossimi alla Maddalena, presenti nella lista provvisoria divulgata il mese scorso. Non sono contenuti nell'elenco neanche i beni storici-artistici che, in base alla riforma, andranno valorizzati con il coinvolgimento del ministero dei Beni culturali e sono esclusi anche i Parchi sui quali c'è la competenza del ministero per l'Ambiente. L'elenco, nonostante le assenze, resta ricco: tra i beni trasferibili ci sono Palazzo Archinto a Milano, alcune zone del Colle di Superga a Torino e poi le Dolomiti, delle quali potranno essere ceduti vasti appezzamenti, dalle Tofane al Monte Cristallo alla Croda Rossa. Gli enti locali potranno ottenere anche i fari, come lo "Spignon" di Venezia o quello di Mattinata sul Gargano. Con la pubblicazione gli enti locali inizieranno a farsi un'idea del patrimonio del quale potranno entrare in possesso e che potranno vendere per migliorare i loro conti. I dodicimila beni sono sul sito web dell'Agenzia del Demanio, diretta da Maurizio Prato, provincia per provincia, divisi per categorie. L'Agenzia continuerà il suo lavoro di aggiornamento e limatura dell'elenco con nuove liste ogni quindici giorni. La lista definitiva entrerà invece nei decreti della presidenza del Consiglio, emanati a fine anno. Da quel momento Comuni, Province e Regioni avranno 60 giorni di tempo per fare richiesta di un bene con l'obiettivo della sua "valorizzazione" ed eventuale vendita. Paolo Franco, il senatore della Lega Nord che, assieme a tutto il gruppo del Carroccio in Senato, sollecitò l'Agenzia a pubblicare sul sito l'elenco dei beni, ha detto: "Finalmente gli enti locali potranno visionare il patrimonio immobiliare che poi passerà sotto la loro competenza". In base all'elenco pubblicato ieri è la Lombardia la Regione più dotata di beni trasferibili agli enti locali. La regione governata da Roberto Formigoni può contare su un portafoglio di circa mille beni per un valore di quasi settecento milioni. Ultime in classifica le Marche, con trecento beni per un valore complessivo di sessanta milioni. Il Lazio, esclusa Roma, può contare su quasi mille e cinquecento beni per un valore di oltre trecentotrenta milioni. Per alcune regioni il valore e il numero dei beni è accorpato: Abruzzo-Molise e Toscana-Umbria. Si tratta, in ogni caso, di un valore "inventariale", che non è sempre aggiornato agli attuali valori di mercato, perché questa operazione sarà effettuata nel momento in cui il bene viene richiesto. A. Gar. 27 luglio 2010
2010-06-10 minori esborsi per 5 miliardi dal riordino della spesa nazionale e periferica I conti del federalismo: costi per la Tac In Campania 1.554 euro, in Emilia 1.027 Dal confronto sulle uscite sanitarie si scopre che il divario tra regioni può raggiungere anche il 100% minori esborsi per 5 miliardi dal riordino della spesa nazionale e periferica I conti del federalismo: costi per la Tac In Campania 1.554 euro, in Emilia 1.027 Dal confronto sulle uscite sanitarie si scopre che il divario tra regioni può raggiungere anche il 100% Una sala operatoria (Fotogramma) Una sala operatoria (Fotogramma) Tra i 4 e i 5 miliardi all’anno solo per la sanità. Il governo li chiamerà "risparmi" o "sprechi cancellati". L’opposizione, e forse una parte dei sindacati, "tagli". È la prima indiscrezione sulla ricaduta finanziaria generale del federalismo fiscale, raccolta incrociando e verificando le informazioni provenienti da fonti insider. Anche se i conti definitivi e ufficiali non sono pronti. E bisognerà aspettare ancora mesi perché il compito di sostituire "i costi standard" alla cosiddetta "spesa storica" di Regioni, Provincie e Comuni si è rivelato molto più difficile del previsto. Dal 29 settembre scorso la Commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (Copaff) lavora sui bilanci delle autonomie locali. Ma a poche settimane dalla prima scadenza, fissata al 30 giugno prossimo, i sei gruppi di lavoro fanno fatica a raccapezzarsi nel groviglio dei contratti, delle spese e dei rendiconti. È come se gli esperti del Copaff fossero precipitati in una serie di mondi paralleli, ognuno con dinamiche contabili spesso oscure. Sui tavoli delle riunioni, cui partecipano anche esponenti delle Regioni e degli enti locali, circola una tabellina con cinque voci campione, ricavate dal capitolo di spesa decentrata di gran lunga più importante, la sanità appunto (125 miliardi sul totale di 132 miliardi in gioco). È un elenco dei "prezzi di acquisizione dei beni nelle Regioni italiane". Ed è l’esempio più chiaro di come sia frammentato il mosaico della spesa pubblica lungo la Penisola. Il confronto parte dalle forniture più minute, come la siringa a cono che alla sanità pubblica siciliana costa cinque centesimi, contro i tre della Toscana; o la garza non sterile (4,65 euro al chilo in Sicilia contro i 3,29 euro dell’Emilia Romagna), mentre per un antibiotico di uso comune, la Piperacillina Tazobactam, gli ospedali e i laboratori dell’Abruzzo sborsano 12,96 euro cioè il 30% in più rispetto a quanto avviene in Emilia Romagna. Poi si arriva ad acquisti più impegnativi, ma gli sbalzi restano disorientanti. Ecco allora che le "endoprotesi coronariche per biforcazioni " (un dispositivo per i reparti di cardiologia) sono registrate in Sardegna con un prezzo di 450 euro, più del doppio rispetto ai 214 euro della Toscana e ai 205 del Piemonte. Infine l’attrezzatura Tac (64 slice): 1.554 euro in Campania (provincia di Salerno), 1.397 euro nel Lazio, 1.027 in Emilia Romagna. Tutte le analisi e i ragionamenti più complessi sul federalismo fiscale si sono in qualche modo arenati su numeri come questi. O meglio sull’opacità dei bilanci, dei sistemi di controllo di una parte (non tutte) delle Regioni, dei Comuni e delle Provincie. Confermando, per altro, le osservazioni formulate a suo tempo dalla Corte dei conti sulle "gravissime deficienze delle contabilità aziendali" in materia sanitaria a livello regionale. (Relazione approvata con delibera n.22/2009). Non è solo una questione di alta finanza pubblica. Anzi, gli esperti si sono trovati spesso di fronte a casi imbarazzanti: pace-maker comprati all’ingrosso pur di far figurare un risparmio e poi mai utilizzati; personale chiaramente eccessivo rispetto ai posti letto e così via. Ma, raccontano ancora fonti vicine al "dossier", i risultati raggiunti dalla Commissione forniranno la base della lettura politica che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti presenterà il 30 giugno prossimo, insieme con la relazione del governo al Parlamento in materia di federalismo fiscale. Forse è esagerato attendersi una riedizione del 2001, quando l’allora ministro del Tesoro, accusò il precedente governo di centrosinistra di aver lasciato un extra-deficit nel bilancio dello Stato. È certo, però, si racconta, che il ministro punterà a "ridicolizzare " l’idea che il federalismo fiscale "comporti dei costi per lo Stato ". Se questo è il piano, probabilmente c’è da attendersi, come nove anni fa, un’estate di polemiche. Nel frattempo gli esperti continueranno a lavorare su un altro piano. Secondo Luca Antonini, presidente della Commissione sul federalismo, "si tratta di mettere in piedi una metodologia che sia funzionale all’identificazione dei bisogni standard delle autonomie e che, consenta di arrivare a quantificare i conseguenti risparmi per lo Stato". Antonini, che è consigliere di Tremonti, si ferma qui. Ma c’è chi fa osservare come lo stesso professore in un’audizione parlamentare avesse richiamato due stime sulla "possibile riduzione dei costi" in campo sanitario. Per la Corte dei conti si potrebbe arrivare a 2,3 miliardi, per il Cerm (il centro studi guidato dal professor Fabio Pammolli) ad "oltre 11 miliardi". Secondo le stime più accreditate, il risultato finale si potrebbe attestare su un livello intermedio, tra i 4 e i 5 miliardi di "risparmi" (o "tagli") solo per la sanità da far scattare a partire dal primo gennaio 2012, il primo anno di applicazione della legge 42 del 2009, più nota come "federalismo fiscale". Giuseppe Sarcina 09 giugno 2010
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2010-06-10
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it/2010-06-15 La Russa: inno di Mameli obbligatorio Inno d'Italia obbligatorio. "Presenterò un Disegno di legge per disciplinare l'uso obbligatorio in determinate circostanze dell'inno nazionale". Lo ha annunciato il ministro della Difesa Ignazio La Russa a proposito delle polemiche scaturite in seguito alla scelta di far suonare Va' Pensiero invece che Mameli all'inaugurazione di una scuola a Vedelago, in Veneto, alla quale era presente anche il presidente Luca Zaia. "Così - ha aggiunto la Russa - avremo un riferimento normativo come esiste per l'esposizione della bandiera. In questo modo elimineremo un'altra occasione di discussione". Il ministro della Difesa ha precisato: "sono stato accomunato a quelli che ci hanno creduto ma io sono l'unico che ha dubitato che Zaia avesse effettivamente deciso di non far suonare l'Inno. Ho fatto bene perché ho scoperto che invece è stato suonato. Credo però che una sottovalutazione di questo che è un momento centrale delle cerimonie pubbliche ci sia stato anche in quell'occasione". In realtà più testimoni hanno ricostruito i fatti: prima è stata suonata l'aria verdiana, al taglio del nastro, e il brano dell'unità d'Italia dopo, quando le autorità stavano entrando o erano già entrate nel plesso scolastico in un paese nel treigiano. La Russa su Va' Pensiero che la Lega usa come proprio inno: "è perfino più patriottico dell'Inno di Mameli e mi fa piacere che la Lega lo abbia scelto". E non manca di esercitare il suo sarcasmo: "Mi fa piacere che a scandalizzarsi sia la sinistra, la stessa che quando io ero un po' più giovane quando cantavano l'Inno nazionale ci gridava dietro che eravamo fascisti. Ci hanno messo trent'anni a riconoscere l'importanza dell'Inno, speriamo non ce ne mettano altri trenta per imparare le parole". Anche Italo Bocchino è intervenuto sulla polemica dell'inno. ''Zaia deve scusarsi, queste cose non devono accadere e serve una parola forte e coraggiosa del premier Silvio Berlusconi, visto che e' stato suo ministro e che l'ha scelto lui come presidente della Regione Veneto e visto che lui e' a capo della coalizione di cui fa parte la Lega''. Il vicepresidente dei deputati del Pdl, in merito al 'caso' dell'inaugurazione della scuola elementare di Franzolo di Vedelago, durante la quale Fratelli' d'Italia e' stato fatto slittare a fine cerimonia lasciando il posto a Va' pensiero, ha risposto ai giornalisti a margine della presentazione a Firenze di Generazione Italia Toscana, ha definito ''inaccettabile che qualcuno tenti di derubricarel'Inno Nazionale ad una canzonetta utilizzando altri testi per aprire delle manifestazioni ufficiali, soprattutto quando sono nel mondo della scuola che e' quello che piu' deve educare e insegnare i valori nazionali''. In merito poi alle smentite, arrivate anche dal governatore veneto, Bocchino ha osservato che ''Zaia usa la tattica tipica dei leghisti che vanno sul territorio mettendo in atto delle provocazioni molto gravi, come questa, e poi fanno marcia indietro perche' sanno che devono convivere con le altre forze politiche delle istituzioni''. 14 giugno 2010
"Sparate" leghiste Zaia fa fuori l'inno di Andrea Carugatitutti gli articoli dell'autore Alla vigilia dell’esordio degli Azzurri ai Mondiali, l’Inno di Mameli finisce al centro di una furiosa polemica che vede come protagonista il neo-governatore del Veneto Luca Zaia. Inaugurando sabato una scuola nel Trevigiano, Zaia avrebbe imposto che il coro di bambini cantasse il "Va’ Pensiero", inno verdiano dei raduni leghisti, al posto di Mameli. Facendo così scivolare l’inno nazionale al termine della cerimonia, quando è stato eseguito, racconta il direttore del coro Marco Titotto, davanti ai pochi rimasti, visto che le autorità si erano già spostate dentro la scuola per visitare i nuovi locali. "Ci hanno applaudito solo i pochi rimasti", racconta. ZAIA SMENTISCE MA NON CONVINCE Zaia, travolto dalle polemiche, e messo sotto accusa anche dai ministri ex An come La Russa e Ronchi, cerca di smentire: "L’inno di Mameli è stato regolarmente cantato". Ma vari testimoni confermano quanto è prevedibilmente successo: il portavoce di Zaia ha chiesto che nel momento clou dell’evento fosse cantato il Va Pensiero. L’Inno ufficiale è scivolato alla fine, quando Zaia, il sindaco di Vedelago e le altre autorità si erano già allontanati per visitare i locali della nuova scuola. Il portavoce del governatore cerca di addossarsi tutte le responsabilità, ma conferma di aver parlato con gli organizzatori della questione dei due inni. "Ho semplicemente suggerito di evitare di cantare Verdi e Mameli uno dopo l’altro, per evitare polemiche. Loro mi hanno proposto di spostare l’Inno alla fine, il governatore non era neppure presente alla conversazione". Il portavoce inserisce un altro elemento, che però contrasta con la testimonianza del direttore del Coro: "Durante l’Inno Zaia teneva in mano il tricolore". Una ricostruzione che non convince, anche perché, a questo punto, dipingere Zaia come un fan del tricolore pare un’esagerazione. La Tribuna di Treviso, il giornale che ieri ha lanciato per primo la notizia, racconta in modo credibile di come lo spostamento del Va Pensiero nel clou della cerimonia sia stato chiesto proprio dallo staff da Zaia. "Niente Inno italiano finché ci sono io", è la frase attribuita dalla Tribuna al governatore. E in effetti così è andata: Mameli è stato eseguito quando il governatore se n’era andato. PIOGGIA DI CRITICHE DAL PDL "Aver deciso che l’Inno di Mameli fosse suonato senza la presenza delle autorità è un oltraggio alla nazione italiana", dice il ministro Andrea Ronchi. Appena più prudente La Russa: "Se fosse vero sarebbe un fatto grave, ma mi pare strano: e poi il Va Pensiero è molto più patriottico di Fratelli d’Italia". A confermare la versione dei testimoni arriva anche Fabio Gava, parlamentare Pdl, che aggiunge un particolare in più: "Ero presente alla cerimonia e non ho sentito eseguire l’Inno". Aggiunge Gava: "Forse è stato un eccesso di "zelo padano" dello staff? Comunque bisogna fare luce". D’accordo anche pidiellino Lucio Malan: "Vicenda poco edificante, il modo migliore per chiarire e che Zaia dica se vuole, in futuro, l’inno di Mameli alle sue iniziative ufficiali". Durissimo Francesco Storace: "Da Zaia provocazione intollerabile, se l’inno gli fa schifo lasci il suo incarico. Il Veneto è terra italiana". A difesa di Zaia interviene il collega del Piemonte Roberto Cota: "Polemiche inutili, ha già chiarito". E Calderoli: "Realizziamo il federalismo, poi torneremo a parlare di unità d’Italia, e gli inni verranno di conseguenza". "Faremo subito un‘interpellanza", dice la capogruppo del Pd in Regione Veneto Laura Puppato. "Un atto sovversivo", rincara il deputato Pd Andrea Martella e Emanuele Fiano chiede che il governo "riferisca in Parlamento". "Un gesto sprezzante e intollerabile, il governo prenda subito le distanze", protesta Massimo Donadi dell’Idv. Furiosa anche la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale Carmela Palumbo che sta pensando di denunciare l’accaduto all'assessore regionale Elena Donazzan. 14 giugno 2010
RaiNews canale leghista? Masi sotto attacco di Natalia Lombardotutti gli articoli dell'autore Le mani della Lega su RaiNews, come veicolo per ramificare informazione 24ore su 24 nel territorio regionale. Questo mentre nei singoli telegiornali il piano industriale prevede il taglio di circa 1000 ore d’informazione: 266 ore in meno al Tg1, 22 ore al mese che potrebbero essere tolte agli speciali per andare alla rete. Poi l’eliminazione delle edizioni del week end mattina al Tg2, la mezza sera del Tg1 (Minzolini ha annunciato la riduzione); la rubrica Neapolis su RaiTre, l’edizione di mezza sera del TgRegionale. I comitati di redazione e l’Usigrai protestano. I consiglieri Pd Nino Rizzo Nervo e Van Straten denunciano una "gestione aziendale irresponsabile" per il deteriorarsi dei rapporti con il sindacato, se è vero che i tagli all’informazione previsti nel piano palinsesti (hanno votato contro) "non sono stati comunicati ai Cdr e non sono condivisi da alcuni direttori di testata". Il direttore generale, Mauro Masi, smentisce: "Non ci sarà nessuna decisione unilaterale". Martedì sarà in Vigilanza. Sui palinsesti restano le incognite Annozero o le serate di Serena Dandini: forse ridotte a tre o due. Nei prossimi Cda si ballerà anche il valzer delle nomine studiate da Masi. Lui stesso però ha deluso Berlusconi e a Viale Mazzini la più accreditata a sostituirlo è Lorenza Lei, discreta ma efficiente vicedirettore generale, cattolica e "aziendalista". La Lega vuole RaiNews. Da giorni si nota l’attivismo di Calderoli e Bossi attorno alla Rai: dalla scure sui compensi alla sparata del primo, (snobbata dal Senatur) sulla privatizzazione di due reti. Ma è insistente la voce di una rimozione del direttore di RaiNews, Corradino Mineo, per fare entrare dall’esterno un caporedattore di Sky, Franco Ferraro. il Carroccio lamenta poche poltrone che contano, anche se ne ha una che vale per dieci: Antonio Marano vice dg con delega sui palinsesti e sul digitale, col quale Ferraro lavorò a Stream. Le mire padane sul canale all news hanno una conferma tecnica: il segnale di RaiNews è stato spostato sul Multiplex1 (con l’effetto oscuramento non risolto) sul quale viaggia anche il segnale di RaiTre. Questa rete dirama 22 tg nelle regioni (ma non è obbligata), quindi la Lega potrebbe impossessarsi delle "strade" digitali per diffondere nel territorio informazione all news. Via Mineo (un altro direttore "panchinato" pronto a fare causa, come Di Bella?), deludendo anche Masotti, in attesa da Londra. Alle testate regionali c’è già il vicedirettore leghista Alessandro Casarin, in attesa che Maccari vada in pensione. Quest’ultimo quando presentò "Buongiorno Italia" (che ha cancellato il "Caffè" di Mineo) disse: "Sono le prove tecniche di all news". Valzer di nomine sul tavolo del Cda forse giovedì. Nonostante lei affermi "io resto al Tg1", gira sempre il nome di Susanna Petruni, (vicedirettore del Tg1 con delega a UnoMattina e conduttrice alle 20) alle Testate Parlamentari: una garanzia per Berlusconi, piuttosto che l’attuale vice alle Tsp, Gianni Scipione Rossi, troppo fratello di Filippo Rossi, la voce di Fini con FareFuturo. A RaiDue Massimo Liofredi è dato in uscita (non soddisfa appieno i berluscones) per dare il posto a Lo Maglio, vicino all’ex Dg Saccà. L’emarginazione dei finiani a Viale Mazzini passa anche per la Sipra: Giuliana Del Bufalo dalla Tsp dovrebbe andare alle Relazioni Esterne al posto di Guido Paglia in corsa per la presidenza Sipra. Anche lui troppo finiano, Berlusconi insiste per un suo uomo alla concessionaria di pubblicità della (sua) concorrenza: o Giuliano Urbani o Antonio Martusciello, allevato a Publitalia. Masi inoltre vorrebbe come Dg Fabio Belli per sostituirlo alla Pianificazione con un esterno, vicino a lui. È guerra su RaiCinema: forse confermato Scaglia presidente, come amministratore delegato si parla di Del Brocco ma gli ex An premono; e il mondo del cinema difende Caterina D’Amico, premiata a Cannes. Per RaiInternational, infine, ci sono in corsa sia l’ex Dg Cappon come presidente; come Ad Antonio Bettarini, consigliere di Frattini alla Farnesina. L’attuale presidente e Ad, Malesani, resterebbe nel Cda di RaiInternational. 14 giugno 2010 |
il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com/2010-06-15 Inno Mameli: Zaia precisa ma la polemica continua. E La Russa annuncia un ddl di Celestina DominelliCronologia articolo14 giugno 2010 Questo articolo è stato pubblicato il 14 giugno 2010 alle ore 16:40. Pensava di mettere a tacere le polemiche chiarendo i contorni della vicenda che lo ha travolto ieri a Vedelago. Così non è stato, però. Perché la precisazione del governatore del Veneto, Luca Zaia, non ha stoppato la tempesta politica sorta attorno all'inno di Mameli scalzato domenica dal Va' pensiero all'apertura di una scuola trevigiana. "Questa storia dell'inno non cantato - ha spiegato il governatore - nasce da una falsità scritta da un giornale locale e riportata dalle agenzie. L'inno è stato cantato, come confermano quelli che erano lì e quelli del coro". Molto rumore per nulla, dunque? A giudicare dalle parole di Zaia sembrerebbe di sì, ma le polemiche non accennano a diminuire. Anche il portavoce del ministro ha poi provato a parare i colpi diretti contro Zaia assumendosi la responsabilità dell'incidente. "Solo colpa mia, è stato un mio errore di valutazione - ha detto Giampiero Beltotto -. Zaia non ne sapeva nulla". Oggi, poi, ad alimentare ancora la querelle è intervenuto il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, che già ieri aveva bollato come "grave" l'episodio. "Presenterò un disegno di legge - annuncia il ministro - per disciplinare l'uso obbligatorio in determinate circostanze dell'inno nazionale. Così avremo un riferimento normativo come esiste per l'esposizione della bandiera. In questo modo elimineremo un'altra occasione di discussione". Poi La Russa ha corretto il tiro rispetto alle critiche espresse domenica all'indirizzo del Carroccio. "Sono stato accomunato a quelli che ci hanno creduto ma io sono l'unico che ha dubitato che Zaia avesse effettivamente deciso di non far suonare l'inno. Ho fatto bene perché ho scoperto che invece è stato suonato". Un tentativo di mettere il silenziatore a possibili nuove fratture dentro il Pdl tra gli ex An e la Lega. Vero è che sull'episodio di Vedelago non si sono registrate solo le prese di posizione degli ex aennini, ma anche tra gli ex forzisti è emerso qualche maldipancia. E qualcuno, come il ministro Maurizio Sacconi, ha optato per un gesto simbolico: una cravatta blu con un piccolo tricolore che il titolare del Welfare ha indossato oggi. Una scelta non casuale, ha poi spiegato, fatta per sottolineare "il legame con valori come l'Unità d'Italia e l'inno di Mameli". La battaglia attorno all'inno, quindi, tiene ancora banco nei palazzi della politica. Tanto che un gruppo di deputati è pronto a depositare una proposta di legge bipartisan che prevede l'esecuzione dell'inno nazionale in tutte le manifestazioni pubbliche e la lettura quotidiana di un articolo della Costituzione in tutte le scuole. "La nostra legge - spiega il deputato democratico Franco Laratta, primo firmatario della pdl insieme ad Alberto Losacco - era pronta da diverse settimane. solo coincidenza la presentazione nel momento in cui scoppia il caso Zaia. Su facebook ha raccolto centinaia di adesioni. Se i partiti vogliono, può diventare legge in pochi giorni, comunque in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia". Insomma, Carroccio a parte, tutti sembrano volersi schierare con Goffredo Mameli. E anche i lettori del Sole24ore.com promuovono l'inno composto nel 1847 e musicato da Michele Novaro. Secondo il sondaggio realizzato dal nostro sito, infatti, il 60% dei navigatori lo preferisce al Va' pensiero di Giuseppe Verdi.
Polemica sull'Inno suonato senza Zaia. Il governatore: "Non ha ragion d'essere" Cronologia articolo13 giugno 2010 * Foto * Sondaggi * * * Storia dell'articolo Chiudi Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2010 alle ore 17:38. * * * * Una polemica che "non aveva e non ha ragion d'essere". Con queste parole il presidente della regione Veneto, Luca Zaia, smentisce che l'Inno di Mameli non sia stato eseguito durante l'inaugurazione, ieri, di una scuola, e smentisce anche di aver ottenuto un cambio del programma previsto dal 'cerimoniale'. In una nota, Zaia sottolinea: "Non sono intervenuto sul programma della manifestazione; l'Inno di Mameli è stato regolarmente cantato dal coro al momento del taglio del nastro. Credo che queste precisazioni - conclude - siano utili per chiudere definitivamente una polemica che non aveva e non ha ragion d'essere". Se fosse vero - aveva detto nel pomeriggio il ministro della Difesa, Ignazio La Russa - sarebbe grave, "un oltraggio alla nazione": "Mi sembra impossibile, anche perché il Va' pensiero è ancora più patriottico dell'Inno di Mameli". Il Và pensiero è stato cantato alla fine dei discorsi ufficiali e della benedizione del parroco, prima del taglio del nastro per l'inaugurazione della nuove scuola di Fanzolo di Vedelago. Tre testimoni, sentiti dall'Ansa hanno confermato la progressione degli eventi della cerimonia nella quale, l'inno di Mameli è stato appunto eseguito solo quando il presidente veneto, Luca Zaia, stava visitando il nuovo plesso scolastico.
Secondo quanto si è appreso sarebbe stato invertito il programma ufficiale che prevedeva l'inno di Mameli al taglio del nastro e successivamente, a fine cerimonia, il Và Pensiero. Invece, ha riferito una testimone, due persone dello staff del presidente avrebbero fatto presente agli ammministratori e agli organizzatori che Zaia non avrebbe gradito l'inno nazionale nel clou dell'evento. Il giornalista de La Tribuna che ha sollevato il caso ha ribadito di aver sentito cantare solo il Và Pensiero, mentre un'altra testimone ha confermato che l'Inno di Mameli è stato eseguito dopo l'aria verdiana, quando le autorità erano già nella scuola per una visita, preceduti dal sindaco di Vedelago. Una versione questa confermata anche dal direttore del coro, La Polifonica di Salvarosa, chiamato dall'amministrazione di Vedelago per la manifestazione. |
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